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Dal "purtroppo" alla responsabilità

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- di don Alberto Vergnano -
Le parole che usiamo hanno sempre un significato

e a volte sento utile soffermarmi su quelle che mi colpiscono di più. In questo periodo ce n’è una che mi dà da pensare: è la parola “purtroppo”, che spesso usiamo per riferirci a situazioni che sono andate in modo diverso dalle aspettative. È ovviamente una parola importante del nostro vocabolario, che aiuta ad esprimere ciò che proviamo in certi momenti. Ma mi rendo conto che può essere anche la radice di un percorso che mi “chiude” e mi impedisce di trovare lo spazio dell’impegno. Ci sono situazioni in cui semplicemente mi fermo a constatare che qualcosa non si riesce o non si può fare, constato che “purtroppo è così”, mi abbandono ad un certo fatalismo e questo non stimola la ricerca di altre strade.

In un passo del Vangelo di Matteo si racconta di un momento in cui Gesù si ritira con i suoi discepoli nel deserto e lì vengono raggiunti da una grande folla (“5000 uomini, senza contare donne e bambini”). L’ambientazione è emblematica, perché dietro a Gesù le folle escono e si muovono nel deserto (forte richiamo al cammino di liberazione dell’Esodo). Gesù insegna e guarisce molti, ma sul far della sera si presenta il problema di sfamare tutte quelle persone. È una sfida che supera le capacità di dodici uomini: è impossibile!

Qui trovo che si inneschi un istruttivo confronto tra una mentalità del purtroppo è così (dei Dodici) e quella che invita ad assumere una piena responsabilità (mentalità di Gesù). La mentalità del “purtroppo”, che sento vicina perché è la più spontanea da seguire, tenta due strategie: “scaricare il problema sulla folla stessa (“Congeda la folla perché vada nei villaggi”). La soluzione migliore è che… il problema lo risolvano gli altri! La proposta nasconde anche un elemento più forte: se Gesù è colui che fa uscire nel deserto (in un esodo verso la libertà) i discepoli con la loro proposta annullano quell’iniziativa e propongono quasi un esodo al contrario.

La seconda strategia è quella di “buttarla” sui soldi: “Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane?”. Credo sia il tentativo di una soluzione pratica ad un problema che non è solo pratico: è un problema anzitutto di coinvolgimento.

Gesù risponde agli atteggiamenti dei discepoli con una strategia diversa, che definirei mentalità della “responsabilità”. Chiede un pieno coinvolgimento (“Voi stessi date loro da mangiare”): c’è un impegno in prima persona che non possono delegare. È la sfida di sentire che il problema di quella folla è anche il loro problema.  Il secondo suggerimento è quello di chiedere quanto pane c’è già. Può sembrare superfluo, ma nessuno aveva ancora pensato ad informarsi a riguardo. La risposta (cinque pani e due pesci) sembra la conferma dell’impossibilità della situazione.

  • Prendendo quei pochi pani e pesci, Gesù interviene: il vangelo sottolinea semplicemente che “prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro”. Gesù coinvolge i discepoli nella distribuzione di quel pane. In qualche modo, agli occhi delle folle, il miracolo del pane è fatto insieme da Gesù e dai Dodici. Pur avendo fatto apparentemente molto poco, diventano co-protagonisti dell’azione di Gesù.
  • Potrebbe essere utile anche per noi provare a lasciarci coinvolgere pienamente dal Signore, raccogliendo il rischio di affrontare sfide nuove con una mentalità sempre più evangelica. L’invito è ad assumere pienamente le sfide del nostro mondo, a guardare con oggettività ai piccoli segni intorno a noi. La fiducia piena nell’intervento del Signore e il suo desiderio di coinvolgerci per renderci co-protagonisti dell’annuncio del Regno possono cambiare i nostri schemi e farci vivere con sempre più fiducia. E farci gustare una responsabilità verso tutti che attinge alla presenza stessa del Signore. Non a caso questo brano è carico di riferimenti all’Eucaristia e ci invita a fondare ogni nostra scelta su quella Presenza costante e stimolante che continuamente il Signore offre al nostro mondo.

Don Alberto Vergnano
Parroco